201411.21
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Cresce la preferenza dei consumatori per le “private label” nella GDO

Il consumatore è ormai interessato alla qualità del prodotto, piuttosto che al marchio famoso. In Italia, il 47% dei consumatori ritiene che alcune private label (o marche private) siano superiori ai marchi più famosi ed il 64% dichiara che le marche private possano essere una buona alternativa a quelle tradizionali (nel 2010 era solo il 37%). Sono invece 42 su 100 gli italiani disposti a pagare di più per una marca privata di qualità. Anche il giudizio sulla confezione è migliorato, tanto che solo il 25% dei consumatori la ritiene inadeguata, mentre il 50% pensa che abbia raggiunto gli standard di packaging delle grandi marche. Il 56% degli italiani (rispetto al 23% del 2010) considera le marche private di qualità assimilabili ai prodotti di marca.

Sono questi i dati che emergono da una ricerca (“Nielsen Global Survey on Private Label and Premiumization Trends”) condotta da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, tra i quali l’Italia, tra il 17 febbraio e il 7 marzo 2014.

Le private label (o marche private) sono prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (distributore). Si tratta di prodotti che, non avendo la componente del costo di marketing tipico dell’industria di marca, permette al distributore di incassare margini più alti, rispetto agli analoghi prodotti di marca, e al consumatore di acquistare un prodotto di qualità assimilabile a quello di marca a costi più contenuti.

Dal punto di vista del fatturato, in base alla ricerca condotta da Nielsen risulta che le marche private rappresentano il 18% del giro d’affari del largo consumo (era il 13% nel 2007), una crescita di vendite dovuta all’incremento della qualità offerta. Per il 60% degli italiani la qualità è infatti migliorata, tanto che il 67% ritiene che il rapporto qualità-prezzo di questi prodotti sia ottimo. In Italia solo il 36% degli intervistati considera i prodotti a marchio privato rivolti a coloro che devono risparmiare, in linea con l’opinione di paesi, quali Germania (39%) e Gran Bretagna (37%), dove le marche del distributore hanno raggiunto quote di mercato ancora più importanti rispetto all’Italia. Nei paesi dell’est, quali, ad esempio, Bulgaria e Romania, le private label sono invece considerate ancora prodotti rivolti a chi si trova in ristrettezze economiche dal 60% dei consumatori. Miglior qualità vuole dire anche riuscire a fidelizzare il consumatore: il 41% degli intervistati in Italia dichiara di essere fedele al prodotto di marca e in misura uguale (40%) sostiene di essere fedele alla marca privata. Ciò è dovuto anche alle iniziative intraprese dai distributori che hanno creato differenziazioni di qualità e, conseguentemente, di prezzo (premium, core e primo prezzo) e di assortimento (base, green, prodotti locali, ecc).

Le categorie merceologiche che vedono il maggiore investimento del consumatore nelle marche dei distributori sono quelle del fresco e dei surgelati (il 26% di fatturato della categoria) e della cura della casa (22%). Seguono gli alimentari confezionati (16%) e, a distanza, i prodotti per la cura della persona (11%) e le bevande (9%).

Alla base della scelta delle marche private da parte dei consumatori c’è, altresì, il rapporto fiduciario consolidato con le insegne della GDO: il 55% del campione ha dichiarato che acquista private label solo nei supermercati preferiti, e il 61% di voler vedere su tutte le confezioni dei prodotti il marchio dell’insegna della catena di distribuzione.

Dalla ricerca emerge, inoltre, che vi sono ulteriori margini di sviluppo per le marche private. Il 51% degli italiani ha dichiarato che comprerebbe più prodotti di private label se fosse disponibile maggiore varietà. La risposta dei distributori dovrebbe essere migliorativa, incrementando assortimento e visibilità delle marche private. Infatti, il 61% del campione nazionale ha espresso il desiderio che queste vengano esposte sugli scaffali di fianco ai brand dei produttori, così da facilitare una comparazione dell’offerta.

A tal riguardo, Giovanni Fantasia, amministratore delegato di Nielsen Italia, ha osservato: “Il consumatore italiano anche nelle private label ricerca la qualità. In questo senso, non possiamo leggere tale fenomeno come una minaccia per i marchi tradizionali, bensì come un ampliamento dell’offerta nella grande distribuzione organizzata. Ne consegue un incremento del traffico sul punto vendita e una sollecitazione del cliente alla propensione all’acquisto, nonostante si stia attraversando il periodo della crisi. In prospettiva, la differenza tra la marca del distributore e quella dell’industria andrà sfumando, e ciò avrà come effetto quello di rendere il mercato del largo consumo ancora più competitivo e attrattivo. In sintesi, la diffusione delle private label è da considerarsi un punto di non ritorno nella GDO e un allineamento dell’Italia agli altri Paesi europei.”.

E spesso, dietro i marchi dei colossi della grande distribuzione organizzata, si nascondono piccole e medie imprese italiane, che talvolta, agganciandosi ai grandi distributori e ai marchi delle insegne delle grandi catene di distribuzione, hanno trovato la salvezza in un momento di crisi.